mercoledì 17 maggio 2017



LA BICICLETTA DI EINSTEIN

«Quando uno scarabeo cieco cammina sulla superficie di un ramo curvo, non si rende conto che anche il percorso che segue è incurvato. Io ho avuto la fortuna di notare ciò che lo scarabeo non può vedere.»

«Anche compiuta, ogni vita si prolunga al di là di se stessa, nel cielo che essa diventa per altre vite.
Fin da adolescente, ho sempre avuto bisogno di averlo intorno. Sulle pareti della mia stanza avevo appeso due sue foto. Su una era giovane, elegante, con occhi scintillanti e una bocca golosa, ornata da baffi sottili; sull’altra, era vecchio, patito, mal vestito, aveva capelli lunghi e occhi infinitamente tristi. Non capivo come il primo si fosse potuto trasformare nel secondo. Accanto a lui, Giacomo Agostini e Barry Sheene inclinavano le loro moto da corsa ad angoli impossibili. Fin dal primo incontro, quell’uomo ha fatto espandere il mio universo… avevo dieci anni e mi iniziavo alla fisica senza averne coscienza. Pur se scomparso nel 1955, tre anni prima della mia nascita, egli è sempre a una distanza più o meno grande, mai infinita, dalla mia esistenza. Con certe creature il tempo postumo diventa un tempo vivo, penetrante, fecondo. A quell’epoca, sapevo soltanto, e in modo piuttosto vago, che egli aveva turbato più di una volta l’ordine del pensiero dei fisici, provocato formidabili scosse telluriche nel mondo dei concetti e, soprattutto, che era lo scopritore di una formula di una semplicità incredibile – E = mc² – che aveva schiuso ogni genere di porte sulla luce, sul mondo agitato delle particelle e perfino sul grande universo. Ricordo di essere stato molto colpito da un aneddoto: quando Eduard, il suo secondogenito, gli aveva domandato come mai era diventato così famoso, lui aveva risposto: «Quando uno scarabeo cieco cammina sulla superficie di un ramo curvo, non si rende conto che anche il percorso che segue è incurvato. Io ho avuto la fortuna di notare ciò che lo scarabeo non può vedere». Pur non capendone del tutto il senso, questa frase m’incuriosì, tanto più perché proseguiva facendo strane considerazioni sulla curva dello «spazio-tempo» e sulla deviazione dei raggi luminosi quando passano in prossimità di una stella. Dunque, lo spazio-tempo sarebbe curvo? La luce non procederebbe in linea retta? Il tempo stesso farebbe delle curve? Che roba! avevo pensato, senza poter pensare altro, data la scarsità delle mie conoscenze e i limiti del mio intelletto. La mia fantasia, però, si era messa a galoppare come un purosangue.»

Bibliografia.

L’autore del post ha tratto lo scritto e la citazione dal libro “La Bicicletta di Einstein” di Étienne Klein (Ponte alle Grazie, Adriano Salani Editore surl, Milano 2017) Capitolo 1, “Camera d’evocazione...”.


Nell’immagine del post, la copertina del libro in Bibliografia.

 

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