LA BICICLETTA DI
EINSTEIN
«Quando
uno scarabeo cieco cammina sulla superficie di un ramo curvo, non si
rende conto che anche il percorso che segue è incurvato. Io ho avuto
la fortuna di notare ciò che lo scarabeo non può vedere.»
«Anche
compiuta, ogni vita si prolunga al di là di se stessa, nel cielo che
essa diventa per altre vite.
Fin
da adolescente, ho sempre avuto bisogno di averlo intorno. Sulle
pareti della mia stanza avevo appeso due sue foto. Su una era
giovane, elegante, con occhi scintillanti e una bocca golosa, ornata
da baffi sottili; sull’altra, era vecchio, patito, mal vestito,
aveva capelli lunghi e occhi infinitamente tristi. Non capivo come il
primo si fosse potuto trasformare nel secondo. Accanto a lui, Giacomo
Agostini e Barry Sheene inclinavano le loro moto da corsa ad angoli
impossibili. Fin dal primo incontro, quell’uomo ha fatto espandere
il mio universo… avevo dieci anni e mi iniziavo alla fisica senza
averne coscienza. Pur se scomparso nel 1955, tre anni prima della mia
nascita, egli è sempre a una distanza più o meno grande, mai
infinita, dalla mia esistenza. Con certe creature il tempo postumo
diventa un tempo vivo, penetrante, fecondo. A quell’epoca, sapevo
soltanto, e in modo piuttosto vago, che egli aveva turbato più di
una volta l’ordine del pensiero dei fisici, provocato formidabili
scosse telluriche nel mondo dei concetti e, soprattutto, che era lo
scopritore di una formula di una semplicità incredibile – E = mc²
– che aveva schiuso ogni genere di porte sulla luce, sul mondo
agitato delle particelle e perfino sul grande universo. Ricordo di
essere stato molto colpito da un aneddoto: quando Eduard, il suo
secondogenito, gli aveva domandato come mai era diventato così
famoso, lui aveva risposto: «Quando uno scarabeo cieco cammina sulla
superficie di un ramo curvo, non si rende conto che anche il percorso
che segue è incurvato. Io ho avuto la fortuna di notare ciò che lo
scarabeo non può vedere». Pur non capendone del tutto il senso,
questa frase m’incuriosì, tanto più perché proseguiva facendo
strane considerazioni sulla curva dello «spazio-tempo» e sulla
deviazione dei raggi luminosi quando passano in prossimità di una
stella. Dunque, lo spazio-tempo sarebbe curvo? La luce non
procederebbe in linea retta? Il tempo stesso farebbe delle curve? Che
roba! avevo pensato, senza poter pensare altro, data la scarsità
delle mie conoscenze e i limiti del mio intelletto. La mia fantasia,
però, si era messa a galoppare come un purosangue.»
Bibliografia.
L’autore
del post ha tratto lo scritto e la citazione dal libro “La
Bicicletta di Einstein” di Étienne Klein (Ponte alle Grazie,
Adriano Salani Editore surl, Milano 2017) Capitolo 1, “Camera
d’evocazione...”.
Nell’immagine
del post, la copertina del libro in Bibliografia.
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