venerdì 26 maggio 2017



BUCHI NERI ROTANTI CON UN CAPELLO DI PROCA
In termini generali, alcuni risultati formali raggiunti nel corso degli anni ‘60, posero le basi di una proposizione: a prescindere dai dettagli specifici del collasso gravitazionale di un corpo gravitante e massiccio, il buco nero stazionario risultante è descritto da una metrica (geometria) specificata dai seguenti parametri; la massa M, il momento angolare J, e eventualmente la carica elettrica Q. Questa congettura venne poi, metaforicamente, descritta dal fisico teorico John Archibal Wheeler nella forma secondo cui “i buchi neri non hanno capelli” [Wheeler e Ruffini, 1971]. Con il termine “capelli” si definisce qualsiasi altra configurazione del campo gravitazionale o elettromagnetico associato con un buco nero per la cui descrizione occorre introdurre parametri addizionali (ad esempio, un momento angolare multiplo, altre tipologie di cariche, o campi). In questa forma, la congettura “no-hair” assunse la natura di teorema di unicità: vale a dire, l’assunzione che solo la soluzione metrica delle equazioni di Einstein-Maxwell è data per la geometria di un buco nero rotante e carico di Kerr-Newman o per i suoi casi speciali. Per essa, solo tre parametri sono specificati, cioè quelli sopra enunciati. Va specificato che la congettura “no-hair” non è interpretata in modo più generale. Vale a dire, si definiscono i “capelli” come qualsiasi campo (non gravitazionale o non elettromagnetico) associato ad un buco nero [J.D. Bekenstein, 1996]. Ci sono, allora, campi che obbediscono a quanto dettato dalla congettura. D’altra parte, ci sono molte soluzioni conosciute per buchi neri con campi di gauge (diversi da quello di Maxwell), campi scalari (dilatone) ecc..Queste soluzioni sono nate, più o meno naturalmente, nelle teorie che cercano di unire la gravità alle altre interazioni fondamentali. Quindi, abbiamo il caso che la congettura “no-hair” (senza capelli), nella sua interpretazione più ampia,, certamente non è corretta [Frolov & Novikov, 1997]. Con un precedente risultato teorico [vedi C. Herdeiro et al., 2016], gli autori mostrarono, contro quel che si era dimostrato fino ad allora, che esiste una famiglia di soluzioni per buchi neri rotanti di Kerr a cui si può associare almeno un campo vettoriale bosonico complesso di Proca, che forma stati legati che potremmo vedere come una nube che circonda il buco nero. Le soluzioni corrispondenti sono descritte da soli tre parametri. Ma esse si diramano dalle soluzioni di Kerr, sopportando parametri addizionali come le nubi stazionarie degli stati legati del campo Proca. Alcuni aspetti significativi della presenza di nubi di stati del campo di Proca comportano, ad esempio, una contro-rotazione di certe regioni dello spazio-tempo rispetto all’orizzonte del buco nero, oppure la non esistenza di un limite statico del campo. Un risultato teorico più recente [vedi Menglei Zhou, Cosimo Bambi, Carlos A. R. Herdeiro, e Eugen Radu, 2017] propone di esplorare la possibilità di discriminare, con osservazioni astronomiche mirate nella regione dei raggi X, la natura dei buchi neri astrofisici, se del tipo descritti dalla metrica di Kerr o appartenenti a soluzioni metriche con parametri addizionali, come l’associazione di un “capello” di Proca. Un primo risultato messo in risalto dagli ultimi autori è che, per quanto riguarda le soluzioni della metrica con capello di Proca prese in considerazione, esse mimerebbero il comportamento di buchi neri rotanti standard di Kerr, e quindi non saremmo in grado di distinguerli. Future missioni spaziali per l’astronomia a raggi X potrebbero offrirci vincoli più stringenti sulla esistenza o meno in natura di buchi neri con “capelli”.
Bibliografia.
[1] Ruffini R. & J.A. Wheeler, Physics Today 24, 30 (1971);
[2] Bekenstein J.D., Talk given at 2nd International Sakharov Conference on Physics, Moscow, Russia, 20-23 May 1996, E-print gr-qc/9605059;
[3] Frolov V.P. & Novikov I.D., Black Hole Physics: Basic Concepts and New Developments, Kluwer Academic Publishers, 1997, pp. 206-208;
[4] Herdeiro C.A.R. et al., Kerr black holes with Proca hair, 2016 Class. Quantum Grav. 33 154001;
[5] Menglei Zhou, Cosimo Bambi, Carlos A. R. Herdeiro, e Eugen Radu, Iron Kα line of Kerr black holes with Proca hair, Phys. Rev. D95, 104035 (25 Maggio 2017).


giovedì 18 maggio 2017



LE INTERAZIONI SEGRETE DEI NEUTRINI NEI DECADIMENTI DI MESONI

Sono stati proposti molti modelli teorici, sotto forma di estensioni del Modello Standard della fisica delle particelle, che prevedono un accoppiamento tra i neutrini e nuovi bosoni vettori leggeri Z’, con una massa inferiore ai 100 MeV, che dovrebbero presentarsi negli scenari di bassa energia per spiegare varie anomalie fisiche e cosmologiche. A causa della componente longitudinale di questi bosoni vettori Z’, il tasso di decadimento a tre corpi di mesoni carichi, come i pioni o i kaoni, in leptoni leggeri + neutrino, dovrebbe aumentare di un fattore pari al quadrato di M(massa del mesone/M(Z’)^2. I limiti sperimentali più forti dovrebbero essere stabiliti dalle misurazioni dei decadimenti dei mesoni K carichi nell’esperimento NA62 (la factory di mesoni K al CERN di Ginevra). I limti potrebbero essere ulteriormente migliorati nel caso si cerchino segnali di decadimenti a tre corpi di mesoni carichi in positroni e massa mancante.

Bibliografia.


[1] P. Bakhti e Y. Farzan, Phys. Rev. D95, 095008 (15 Maggio 2017); ibidem arXiv:1702.04187v1 [hep-ph] .




LA MATERIA OSCURA COINCIDE CON L’ANTIMATERIA OSCURA ?

[Farinaldo S. Queiroz et al., Is the dark matter particle its own antiparticle ?, arXiv:1610.06581v1 [hep-ph]]
Gli autori del lavoro teorico in premessa suggeriscono un esperimento dai dati sulla rivelazione diretta di materia oscura particellare, il quale dovrebbe fornire prova convincente se le particelle di materia oscura coincidono o meno con le loro antiparticelle. Il requisito importante per condurre tale esperienza è la misurazione precisa delle sezioni d’urto spin-indipendenti sopra tre differenti nuclei, che fungono da bersagli sperimentali, e di interpretare tali segnali in termini di materia oscura auto-coniugata (particella = antiparticella) e vedere se una tale interpretazione è consistente con i dati. Se non lo fosse, la materia oscura dovrebbe essere differente dalle sue antiparticelle. Gli autori identificano le regioni dello spazio dei parametri dove la procedura sperimentale potrebbe essere particolarmente fattibile. I risultati ottenuti indicano che i segnali futuri degli esperimenti di rivelazione diretta di materia oscura, se sufficientemente accurati, potrebbero essere usati per stabilire se le particelle di materia oscura coincidono o no con le loro antipartìcelle, un ulteriore passo in avanti per stabilire la natura della materia oscura.




mercoledì 17 maggio 2017



LA BICICLETTA DI EINSTEIN

«Quando uno scarabeo cieco cammina sulla superficie di un ramo curvo, non si rende conto che anche il percorso che segue è incurvato. Io ho avuto la fortuna di notare ciò che lo scarabeo non può vedere.»

«Anche compiuta, ogni vita si prolunga al di là di se stessa, nel cielo che essa diventa per altre vite.
Fin da adolescente, ho sempre avuto bisogno di averlo intorno. Sulle pareti della mia stanza avevo appeso due sue foto. Su una era giovane, elegante, con occhi scintillanti e una bocca golosa, ornata da baffi sottili; sull’altra, era vecchio, patito, mal vestito, aveva capelli lunghi e occhi infinitamente tristi. Non capivo come il primo si fosse potuto trasformare nel secondo. Accanto a lui, Giacomo Agostini e Barry Sheene inclinavano le loro moto da corsa ad angoli impossibili. Fin dal primo incontro, quell’uomo ha fatto espandere il mio universo… avevo dieci anni e mi iniziavo alla fisica senza averne coscienza. Pur se scomparso nel 1955, tre anni prima della mia nascita, egli è sempre a una distanza più o meno grande, mai infinita, dalla mia esistenza. Con certe creature il tempo postumo diventa un tempo vivo, penetrante, fecondo. A quell’epoca, sapevo soltanto, e in modo piuttosto vago, che egli aveva turbato più di una volta l’ordine del pensiero dei fisici, provocato formidabili scosse telluriche nel mondo dei concetti e, soprattutto, che era lo scopritore di una formula di una semplicità incredibile – E = mc² – che aveva schiuso ogni genere di porte sulla luce, sul mondo agitato delle particelle e perfino sul grande universo. Ricordo di essere stato molto colpito da un aneddoto: quando Eduard, il suo secondogenito, gli aveva domandato come mai era diventato così famoso, lui aveva risposto: «Quando uno scarabeo cieco cammina sulla superficie di un ramo curvo, non si rende conto che anche il percorso che segue è incurvato. Io ho avuto la fortuna di notare ciò che lo scarabeo non può vedere». Pur non capendone del tutto il senso, questa frase m’incuriosì, tanto più perché proseguiva facendo strane considerazioni sulla curva dello «spazio-tempo» e sulla deviazione dei raggi luminosi quando passano in prossimità di una stella. Dunque, lo spazio-tempo sarebbe curvo? La luce non procederebbe in linea retta? Il tempo stesso farebbe delle curve? Che roba! avevo pensato, senza poter pensare altro, data la scarsità delle mie conoscenze e i limiti del mio intelletto. La mia fantasia, però, si era messa a galoppare come un purosangue.»

Bibliografia.

L’autore del post ha tratto lo scritto e la citazione dal libro “La Bicicletta di Einstein” di Étienne Klein (Ponte alle Grazie, Adriano Salani Editore surl, Milano 2017) Capitolo 1, “Camera d’evocazione...”.


Nell’immagine del post, la copertina del libro in Bibliografia.

 

martedì 16 maggio 2017




NUCLEAR PASTA

Non è un difetto di vista o un post per speciali Masterchef, ma esso mostra come le proprietà della materia nucleare in oggetti astrofisici estremamente compatti e densi, come sono le stelle di neutroni, i residui del fine vita di stelle più pesanti del nostro Sole, sono particolarmente interessanti e interrogano le previsioni dei nostri modelli teorici sulla materia ai più alti regimi di densità, pressione e temperatura che difficilmente possono essere ricreati in laboratori terrestri. Fidando nel recente articolo di Feryal Özel sul numero di Luglio 2017 della rivista divulgativa SKY & Telescope [1] scopriamo che al di sotto della crosta di stella di neutroni di piccolo o piccolissimo raggio (< 10 Km) si realizzano fasi diverse della materia nucleare, che sono divise da interfacce (o strati più o meno sottili), dove il comportamento talvolta assomiglia a quello di un solido e per altro ad un liquido molto denso. I nuclei degli atomi si trasformano cambiando la loro shape in tubi estesi (“spaghetti”), o fogli lamellari (“lasagne”) o altre forme via via più intriganti, la cosiddetta “nuclear pasta”, difficile da cuocere con le pentole delle nostre massaie.

Bibliografia.

[1] Feryal Özel, The Inside Story of Neutron Stars, SKY & Telescope vol. 134, n. 1, Luglio 2017, da pag. 16.


  

lunedì 15 maggio 2017



MENO MATERIA OSCURA PER LE GIOVANI GALASSIE ?

Almeno questo sembra il dato interpretativo più significativo di una serie di osservazioni condotte da un gruppo di astronomi tedeschi del Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics a Garching bei München (Germania), guidati da Reinhard Genzel, che hanno pubblicato la loro ricerca sul numero della rivista scientifica Nature del 16 Marzo scorso [1]. Gli autori hanno osservato galassie giovani con una intensa formazione stellare il cui profilo di rotazione, nelle regioni via via più esterne, sembra cadere invece di mantenersi perlopiù costante. In verità, sappiamo che proprio il profilo di rotazione delle galassie, che non si smorza passando dalle regioni più interne a quelle più esterne, denuncia il fatto che è presente materia invisibile, in una quantità maggiore della materia ordinaria barionica. 


Ma le sorprese non finiscono, visto che lo stesso gruppo di astronomi ha mostrato i dati riferiti ad un insieme di altre 97 galassie distanti (più deboli), della stessa natura di quelle sopra descritte, che manifestano anche loro una più lenta velocità di rotazione verso le regioni periferiche. Sebbene tali osservazioni possono far pensare che queste galassie, all'epoca in cui sono osservate, non erano circondate di materia oscura, diverse argomentazioni possono essere dedotte per ovviare a questa immediata interpretazione. Alcuni astronomi, commentando i dati delle osservazioni, sostengono che l'epoca che ci separa da quelle galassie è compresa tra i 2 e gli 8 miliardi di anni or sono. Ora diversi argomenti riguardo l'evoluzione di giovani galassie con massiccia formazione stellare evidenziano come, all'epoca, si verificò presumibilmente un vero e proprio picco di formazione di stelle. Questo evento avrebbe schiacciato il profilo di rotazione delle giovani galassie, influenzando la sua shape in maniera più determinante, cambiandone l'aspetto rispetto a quanto si osserva nell'epoca attuale. Se questa sia la giusta interpretazione solo ulteriori osservazioni potranno svelarcelo. 

Bibliografia.

[1] Monica Young, Less Dark Matter in Young Galaxies ?, SKY & Telescope vol. 134, n. 1, Luglio 2017, pag. 13. 


UNA NUOVA SUPERNOVA DI TIPO Ia NELLA COSTELLAZIONE DEL LUPO

Esistono diverse classi di stelle "nuove", che fin dai primordi dell'astronomia, apparivano come nuovi oggetti luminosi in angoli di cielo dove prima non era che il buio, e alcune sono state descritte con una certa accuratezza da quegli studiosi che furono i primi ad osservare i fenomeni del cosmo con sistematicità e grande dedizione. Da allora, molti sono stati i progressi dell'astronomia nella conoscenza di quelle che sono note come supernovae, grandiosi eventi che si identificano con le squassanti esplosioni di stelle giunte al termine della loro vita evolutiva, che rilasciano tanta energia e radiazioni da rivaleggiare con le galassie che le ospitano. Gli studi sulle sigle e le nomenclature si sono evolute nel corso di decenni, parallelamente agli studi sulle supernovae. Nel 1940, Rudolph Minkowski scoprì una supernova che era molto diversa dalla ventina di casi già noti. In particolare, era inusuale la sua curva di luce (il grafico che rappresenta l’evoluzione della luminosità in funzione del tempo) e nello spettro comparivano ben evidenti le righe dell’idrogeno. Quest’ultima osservazione di per sé non avrebbe dovuto destare sorpresa, poiché l’idrogeno è l’elemento più abbondante dell’Universo e il componente principale di tutte le stelle. Semmai, gli astronomi erano rimasti meravigliati di non averne mai trovato traccia negli spettri delle supernovae precedenti. L’osservazione di Minkowski rivelava che le supernovae non costituivano una famiglia omogenea. Si rese perciò necessario ordinarle, sostanzialmente, in due classi:

SN Tipo I: senza righe dell’idrogeno;
SN Tipo II: con righe dell’idrogeno.

Progetti di ricerca sollecitati soprattutto da Fritz Zwicky portarono alla scoperta di vari altri tipi di supernova e, inevitabilmente, non appena emersero le differenze, alla definizione di sottoclassi specifiche:

SN Tipo Ia: nessuna riga dell’idrogeno, presenza del silicio;
SN Tipo Ib: nessuna riga dell’idrogeno, forte presenza dell’elio;
SN Tipo Ic: nessuna riga dell’idrogeno e nemmeno dell’elio, deboli righe
del silicio.
 

Riguardo all'origine delle supernovae, la questione è, per certi versi, ancora piuttosto controversa, non fosse altro che, sebbene gli astronomi hanno compreso molte caratteristiche legate ai meccanismi che generano le esplosioni di stelle, diversi sono gli esempi di dati osservativi e simulazioni che non si adattano ai modelli teorici standard, prevedendo correzioni significative al nostro attuale livello di conoscenza. Uno degli esempi che citiamo riguarda la sottoclasse di supernovae di Tipo Ia. Verosimilmente,  le supernovae di Tipo Ia sono associate a popolazioni stellari relativamente vecchie. Esse sono il risultato delle esplosioni termonucleari di nane bianche. Questo meccanismo spiega l’assenza di righe dell’idrogeno nello spettro, visto che una nana bianca è composta essenzialmente di carbonio e di ossigeno. Le nane bianche sono il frutto dell’evoluzione di stelle di piccola massa, come il nostro Sole, e perciò sono relativamente abbondanti in galassie di ogni tipo. Ecco perché troviamo le supernovae di Tipo Ia un po’ dovunque. Sul meccanismo che le origina il dibattito tra gli studiosi è ancora vivace, ed è slegato dalle caratteristiche rilevanti che le SN Tipo Ia assumono negli studi di cosmologia osservativa, dove sappiamo essere le famose "candele standard" delle profondità del cosmo. Sulla rivista divulgativa SKY & Telescope di Luglio 2017 [1] è apparsa la notizia di una delle ultime apparizioni di quella che sembra proprio essere una SN Tipo Ia, nella galassia NGC 5643, visibile nella costellazione del Lupo, e distante circa 55 milioni di anni luce dalla Terra. Gli autori della scoperta della stella "nuova" è il gruppo di astronomi guidati da Leonardo Tartaglia dell'Università della California a Davis (USA). La supernova, denominata SN2017cdv [vedi immagine del post, ndr], sembra sia un esempio classico di detonazione che ha squassato una stella degenere nana bianca. La scoperta è parte di una campagna di osservazioni su una regione di cielo entro una distanza di 40 Megaparsec, circa 130 milioni di anni luce, tesa ad individuare stelle entro una magnitudo 19. 


Bibliografia.

[1]  Bob King, Supernova Erupts in Lupus, SKY & Telescope  vol. 134, n. 1, Luglio 2017, pag. 11.